Ipertensione arteriosa essenziale e secondaria
L’ipertensione arteriosa è l’aumento della pressione arteriosa nell’apparato circolatorio. Per essere tale l’ipertensione deve essere stabile e deve essere tenuta presente l’età del paziente, in quanto la pressione arteriosa tende normalmente a crescere leggermente con l’età.
Quando l’aumento di pressione è momentaneo si parla di reazione pressoria.qualndo non riconosce cause legate ad altre malattie o Secondari quando invece si sviluppa come conseguenza di malattie quali l’arteriosclerosi, le malattie renali, le malattie endocrine, ecc.
Per tutti i tipi di ipertensione, la diagnosi richiede una pressione sanguigna superiore a 140/90. Condizione necessaria e sufficiente per parlare di ipertensione è che la pressione massima sia maggiore di 140 e quella minima maggiore di 90. Tuttavia nel tempo, con il crescere dei dati disponibili, si è arrivati a distinguere situazioni differenti e quindi, in base alle ultime linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità si parla di:
<!–[if !supportLists]–>·Pressione ottimale: massima inferiore a 120 mmHg, minima inferiore a 80 mmHg<!–[if !supportLists]–>·
·Pressione normale: massima inferiore a 130 mmHg, minima inferiore a 85 mmHg<!–[endif]–>
<!–[if !supportLists]–>·Pressione alta normale: massima da 130 a 139 mmHg, minima tra 85 e 89 mmHg<!–[endif]–>
<!–[if !supportLists]–>·Ipertensione lieve: massima da 140 a 159 mmHg, minima tra 90 e 99 mmHg<!–[endif]–>
<!–[if !supportLists]–>·Ipertensione moderata: massima da 160 a 179 mmHg, minima tra 100 e 109 mmHg<!–[endif]–>
<!–[if !supportLists]–> ·Ipertensione grave: massima uguale o superiore 180 mmHg, minima uguale o superiore a 110 mmHg
Epidemiologia
In Italia, come nella maggior parte dei paesi industrializzati, le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di morte nell’età adulta, e una delle principali cause di morbilità e di assenza dal lavoro.
Su scala planetaria, l’ipertensione risulta la terza causa di inabilità dopo la malnutrizione e il tabagismo, e precede in tale classifica la penuria di risorse idriche e la sedentarietà.
Le stime più recenti indicano che in Italia il 21 per cento degli uomini e il 24 per cento delle donne presentano valori di pressione arteriosa al di sopra del normale, il che significa circa oltre 10 milioni di persone.
È interessante notare che studi condotti su popolazioni primitive, con stili di vita e alimentazione assai diversi dai nostri, in un certo senso più naturali, hanno mostrato un’assenza pressoché virtuale dell’ipertensione arteriosa; le stesse persone, emigrate in realtà di tipo occidentale, aumentano rapidamente il rischio di sviluppare la malattia.
Malgrado l’impressione di una diffusa coscienza sanitaria e di una cultura della salute, anche nei paesi più evoluti si calcola che solo 1/3 degli ipertesi sappia di esserlo e sia consapevole dei problemi e dei rischi collegati a uno stato ipertensivo, mentre si ritiene che i restanti 2/3 non abbiano mai misurato la loro pressione arteriosa oppure, pur sapendo di averla alta, non siano portati a considerarlo un problema degno di attenzione e cure.
Questo significa che, solo in Italia, ci sono alcuni milioni di persone esposte a un significativo e curabile rischio per la propria salute che non ricevono le cure adeguate che la medicina contemporanea può offrire loro.
Teoria Psicosomatica
Secondo Franz Alexander è ovvio riconoscere che fattori nervosi hanno una parte importante nella stabilizzazione dell’ipertensione arteriosa e anche nella genesi della sindrome. Col progredire del disturbo le alterazioni dei tessuti tendono ad aggravare la situazione, favorendo la produzione di sostanze pressorie, cosicchè nel paziente affetto da una ipertensione avanzata, il fattore umorale può, in seguito, divenire dominante. Perciò nella ipotesi dell’ ipertensione arteriosa la conoscenza precisa dei fattori nervosi rappresenta il problema più importante.
La letteratura è ricca di contributi sui fattori psichici come causa di esacerbazioni della sindrome ipertensiva (Goldscheider, Mueller, Mohre, FabrenkamP, S. Weiss, Fishberg, Schulze , Moschecwitz, Risemafl e S. Weiss). Molti studi psichiatrici dimostrano l’influenza delle condizioni ambientali in questa sindrome (Alkan; Wolfe; K. Menninget Dunbar; Hill; Binger e altri; E. Weiss).
La maggior parte degli studi psichiatrici sottolinea il fatto che l’inibizione di tendenze ostili ha una parte importante in questo fenomeno; fatto che concorda con l’osservazione di Cannon che cioè la paura e la collera innalzano la pressione del sangue dell’animale in esperimento.
Studi sistematici di psicoanalisi sono stati effettuati su pazienti con ipertensione. Uno di tali studi ha messo in evidenza che l’inibizione cronica di impulsi aggressivi, i quali sono sempre associati con stati ansiosi, esercita un’influenza notevole sul livello della pressione del sangue (Alexander). Il gruppo dei pazienti esaminati pur composto di individui con diversa personalità, presentava un carattere comune: l’incapacità dei soggetti ad esprimere liberamente i loro impulsi aggressivi. E pur avendo alcuni di loro esplosioni di collera occasionali, nel complesso mantenevano un notevole grado di controllo, tanto da dare l’impressione, ad un esame superficiale di essere individui equilibrati e con personalità matura. Infatti questi pazienti erano spesso molto condiscendenti e simpatici ed avrebbero fatto qualunque cosa per far piacere agli altri.
Il soggetti ipertesi sono spesso inibiti sessualmente e quando si abbandonano a relazioni illecite lo fanno con grande ansietà e senso di colpa e di rimorso, perchè l’attività sessuale irregolare esprime atteggiamento di protesta e di ribellione. Un vivace conflitto fra tendenze femminili o di, dipendenza passiva, e impulsi compensatori aggressivi ed ostili si rivela nell’analisi di tali individui; quanto più essi cedono alla loro compiacente dipendenza, tanto più divengono ostilmente reattivi verso coloro cui si sottomettono (Saul, Alexander,).
Questa ostilità li rende timorosi e li fa ritirare dalla lotta per rifugiarsi in un atteggiamento di dipendenza passiva che a sua a rinnova i sentimenti di inferiorità e di ostilità creando un circolo vizioso permanente. Va segnalato poi il fatto che l’iperteso non può liberamente indulgere a desideri di dipendenza passiva, per il conflitto che essi stimolano. Le tendenze opposte di aggressione o sottomissione si stimolano e si bloccano reciprocamente e simultaneamente così che ne risulta come una specie di paralisi emotiva. L’osservazione psicodinamica permette un’interpretazione psicosomatica dell’eziologia della vasocostrizione generalizzata, caratteristica dell’ipertensione. Il timore e la collera sono passegeri tanto negli animali che nell’uomo e si associano a temporanee modificazioni fisiologiche che preparano il corpo allo sforzo richiesto dalla lotta o dalla fuga. L’aumento della pressione arteriosa è uno dei componenti di questa preparazione fisiologica. Cessando la ragione del timore si ha un ritorno alla calma. Nella società moderna la libera manifestazoine dell’ostità è vietata; l’individuo è spesso contrariato ma non ha la possibilità di risolvere liberamente i suoi impulsi aggressivi in una lotta fisica. La nostra società richiede che l’individuo abbia un completo controllo su tutti i suoi impulsi ostili. Mentre ognuno è soggetto a questa restrizione, alcuni sono impediti più degli altri nel manifestare tendenze aggressive o d’autoaffermazione, quantochè non hanno la possibilità di liberarsi in modo legittimo dei loro impulsi aggressivi, nemmeno dove questo sarebbe consentito. Di conseguenza vivono in uno stato cronico di ostilità repressa. Si può affermare che la collera continuamente repressa, eccitata da tali costrizioni, può condurre ad una elevazione permanente della pressione sanguigna perchè non si può esaurire in una aggressione materiale o in una sublimazione dell’ affermazione dell’Io. Così i sentimenti ostili non espressi possono divenire causa di uno stimolo permanente sul sistema vascolare come se l’organismo del soggetto inibito fosse costantemente pronto ad una lotta che non si realizza mai. (Fig. IV). Può ben darsi che, quando le costrizioni imposte dalla società e dalla civiltà cominciano ad imporsi sull’individuo potenzialmente iperteso, si determinano in questi i primi sbalzi della pressione del sangue. Sotto la ripetuta influenza della stimolazione vasomotoria, il sistema vascolare può cominciare a sviluppare alterazioni organiche, inapprezzabili per qualche tempo, ma che si riflettono sulla produzione di sostanze ipertensive. L’individuo che è diventato eccessivamente inibito sotto l’influenza delle sue prime e più remote esperienze, troverà molto più difficile padroneggiare i propri impulsi aggressivi nell’età adulta. Egli tenderà a reprimere tutte le tendenze di autoaffermazione e non riuscirà a trovare per esse un qualche legittimo sfogo liberatore. In seguito questa continua repressione si farà anche più intensa e pesante, stimolando la messa in opera di misure difensive più energiche per tener a freno gli stimoli aggressivi. La compiacenza, la gentilezza e la sottomissione eccessiva riscontrate nei pazienti ipertesi rappresentano precisamente tali difese, ma non impediscono l’aumento della tensione emotiva. Si istaurano perciò sentimenti dì inferiorità, che alla loro volta alimentano gli impulsi aggressivi e si perpetua così un pericoloso circolo vizioso. Per l’intensità delle loro inibizioni tali soggetti sono meno efficienti nelle loro attività professionali, per cui più facilmente hanno la peggio nelle gare con gli altri; diventano invidiosi, e la loro ostilità nei confronti dei competitori, più fortunati perchè meno inibiti, viene ancor più stimolata.
Lo studio anamnestico del paziente con ipertensione, generalmente rivela che in qualche momento del suo sviluppo si è verificato un improvviso cambiamento. La storia tipica ci dice che il paziente, molto aggressivo nei primi anni della sua vita, in breve tempo cominciò invece ad agire come se fosse intimidito ed umiliato. Spesso un tal cambiamento avviene durante la pubertà. A volte alcuni pazienti riferiscono che il cambiamento dallo stato di irascibilità a quello dì calma si è verificato per uno sforzo consapevole, compiuto proprio per non perdere la loro popolarità, o per i tristi risultati ottenuti cedendo all’impulsiva irascibilità.Il concetto che i fattori psicodinamici sono la base eziologia dell’ ipertensione, trova conferma nelle osservazioni di Gorge Draper (67), il quale notò che, con lo sviluppo di certi sintomi neurotici, la pressione sanguigna di certi ipertesi tornava al livello normale.
Molti scrittori hanno rilevato che l’ipertensione arteriosa è la malattia della moderna civiltà occidentale. Schulze e Schwab (208) per esempio trovarono una differenza statisticaniente significativa nella frequenza dell’ipertensione dei negri residenti in Africa rispetto a quelli residenti negli Stati Uniti. Nei primi l’ipertensione è straordinariamente rara mèntre nei secondi è una malattia comune. È chiaro perciò che responsabile di questa diversità non è una costituzione razziale ma piuttosto il fattore civiltà.
L’eziologia dell’ipertensione non si spiega però soltanto con il fattore psicodinamico; infatti ci sono molti soggetti neurotici i quali presentano inibizione degli impulsi aggressivi ed un tipico conflitto fra tendenze di dipendenza passiva e di competizione aggressiva proprio come i pazienti ipertesi e che tuttavia non sono affatto ipertesi. Come è stato ripetutamente ribadito l’influenza psicodinamica provoca disturbi cronici delle funzioni vegetative soltanto in associazione con fattori ancora sconosciuti e probabilmente di tipo somatico ereditario: così dev’essere anche per i pazienti ipertesi. D’altra parte la possibilità che l’ipertensione sia legata alla eredità di un sistema vasomotorio instabile non deve rimpicciolire l’importanza eziologica dei fattori psicodinamici.
Secondo Cremerius già dal punto di vista fisiologico la pressione subisce modificazioni strettamente connesse con gli eventi vissuti. Quando c’è tensione, rabbia, lotta o eccitazione sessuale questa sale; quando c’è pace, distensione e senso di tranquillità e protezione si abbassa. Nell’iperteso la reazione agli stimoli esterni è notevolmente maggiore e laa ricerca psicoanalitica ha potuto mostrare che gli ipertesi sono continuamente in uno stato di forte pressione interna e di tensione psichica. Ciò che ogni uomo ha come reazione fisiologica, ovvero la capacità di rispondere a stimoli interni ed esterni di determinata natura con un innalzamento della pressione ematica, negli ipertesi non costituisce più una possibilità di reazione ma uno stato costante. Sarebbe sicuramente sbagliato pensare, come oggi succede spesso, che le tensioni menzionate si riferiscono a stimoli esterni. Leggiamo continuamente nei giornali che oggi esiste una nuova malattia di cui cadono vittime i dirigenti responsabili della vita politica ed economica. Lo stress del lavoro, i ritmi, affannosi, il telefono, l’abuso di tabacco, caffè e alcool sono, si dice, le cause del male. Certo, le circostanze sopra menzionate non sono proprio salubri, ma ognuno di noi sa che il lavoro e anche il molto lavoro non provoca necessariamente malattie o disturbi della salute, al contrario. Sappiamo invece che ciò dipende da come si lavora, da come si considera il lavoro e da ciò che significa per ognuno di noi: un mezzo per arricchirsi,una soddisfazione dell’ambizione, una autoconferma oppure – e in questo caso ben difficilmente il lavoro p0trà essere considerato patogeno — una attività creativa su oggetti liberamente scelti. L’esposizione allo stress è quindi parte dell’uomo. Ovviamente sia in campo psichico che in campo somatico ci sono determinati tipi e gradi di stress che conducono sempre a un danno. In tal caso è solo la capacità individuale di sopportazione a decidere dell’entità del danno, ma non è questo il punto. Semplificando possiamo così descrivere questi processi interni grosso modo così: il malato soffre della incapacità di esprimere liberamente determinati impulsi ad imporsi e ad affermarsi, quelle tendenze cioè che generalmente chiamiamo aggressività. Non si tratta però di un determinato tipo di personalità quanto piuttosto di tipi diversi in cui questo disturbo si presenta come sintomo cardinale. Non si tratta affatto di tipi costituzionalmente deboli. I malati, al contrario, sono .per lo più dotati di personalità vitale e intensa con un atteggiamento attivò ed energico verso il mondo.
Schema di dinamica specifica nell’ipertensione essenziale
Tendenze alla competizione e all’ostilità —–—-> intimidazione, causata dalla rappresaglia e dal fallimento —–—-> aumento di desideri di dipendenza —–—-> senso di inferiorità —–—-> riattivazione della competizione ostile —–—-> ansietà e conseguente inibizione degli impulsi aggressivi —–—-> ipertensione arteriosa
Come si misura la pressione arteriosa
La comune misurazione della pressione arteriosa è effettuata in modo indiretto, utilizzando appositi apparecchi che sono in grado di valutare la pressione arteriosa dall’esterno.
Di tali apparecchi, quello più preciso e comunemente usato è lo sfigmomanometro a mercurio, ideato dall’italiano Riva-Rocci poco più di un secolo fa. Esso è composto da un bracciale di gomma collegato da un lato ad una piccola pompa a mano, dall’altro ad un manometro a colonna di mercurio. La misurazione viene effettuata applicando il manicotto di gomma al braccio del paziente, tra l’ascella e la piega del gomito. All’altezza di quest’ultima, dove si apprezza la pulsazione dell’arteria del braccio (arteria omerale) si posiziona la campana del fonendoscopio. Contemporaneamente si palpa il polso dal lato del pollice, per percepire la pulsazione dell’arteria radiale.
Si inizia la misurazione gonfiando il bracciale di gomma con la pompetta ad esso collegata (mentre ciò avviene, il mercurio sale nella colonnina di vetro, segnalando il valore di pressione presente nel bracciale) e arrivando fino al punto in cui la pulsazione dell’arteria del polso scompare ed il fonendoscopio non trasmette più alcun rumore; a questo punto si insuffla ancora un po’ di aria nel bracciale, superando di circa 20 millimetri di mercurio (mm Hg) il punto in cui il polso radiale è scomparso. Ora, agendo sulla piccola valvola presente sulla pompetta, si fa uscire molto lentamente l’aria dal bracciale (indicativamente, la colonnina di mercurio deve scendere di circa 2 millimetri al secondo). Quando la pressione dell’aria nel bracciale sarà uguale a quella arteriosa, un pò di sangue riuscirà a passare nell’arteria producendo un rumore: il primo rumore udito chiaramente corrisponderà alla Pressione sistolica (detta anche massima). Riducendo ulteriormente la pressione i rumori diventeranno inizialmente più intensi, quindi via via più deboli: la completa scomparsa dei rumori corrisponderà alla Pressione diastolica (detta anche minima). La pressione viene quindi indicata con due valori (ad esempio 120/80): il primo valore indica la pressione sistolica, mentre il secondo quella diastolica.
Sono oggi disponibili anche apparecchi per l’automisurazione domiciliare della pressione arteriosa che consentono una rilevazione automatica o semiautomatica. Dei numerosi modelli in commercio, la maggior parte utilizza un bracciale simile a quello già descritto; si tratta in generale di apparecchi che forniscono una misurazione attendibile, ma non tutti hanno superato il vaglio dei criteri proposti da diverse Società Scientifiche. Indicazioni precise sugli apparecchi di misurazione approvati per l’uso domestico sono reperibili al seguente indirizzo: www.dableducational.com
Diagnosi
L’ipertensione arteriosa, soprattutto nelle fasi iniziali, non produce dei sintomi caratteristici e facilmente riconoscibili: l’unico modo per scoprire di essere ipertesi è quello di controllare costantemente la pressione. Per un adulto sano e senza altri disturbi associati, un controllo annuale è sufficiente.
Il riscontro di un valore di pressione arteriosa elevata non porta immediatamente a una diagnosi di ipertensione arteriosa; per prima cosa occorrerà ripetere la misurazione in tempi successivi e in orari diversi per confermare che si tratta di un aumento stabile.
Gli esami di routine
Una volta che si sia confermata l’esistenza di uno stato ipertensivo, il medico farà svolgere una serie di accertamenti di laboratorio e strumentali che hanno un duplice scopo:
verificare la condizione degli organi che solitamente sono danneggiati dall’ipertensione arteriosa (cuore, rene, cervello) per valutare se esistano già dei danni e la loro eventuale gravità
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escludere che l’ipertensione dipenda da una causa evidente e curabile; infatti, una piccola percentuale di ipertensioni (meno del 5 per cento) dipende da una malattia a livello dei reni o delle ghiandole surrenali, curabile spesso con un intervento chirurgico. Nel 95 per cento dei casi non si riscontra alcuna causa evidente dell’aumento della pressione e si parla pertanto di ipertensione essenziale.
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Ecco, dunque, i passi che il medico compie per un inquadramento globale dell’ipertensione arteriosa:
conferma della reale esistenza della pressione alta con misurazioni ripetute
classificazione del livello di gravità dell’ipertensione arteriosa in base ai valori riscontrati in media
esclusione di cause curabili di ipertensione arteriosa (meno del 5 per cento)
verifica dell’esistenza di danni già provocati dall’ipertensione nei cosiddetti organi bersaglio
presenza di malattie o condizioni che possono aggravare i danni provocati dall’ipertensione (diabete, fumo di sigaretta, aumento del colesterolo).
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Danni derivanti dall’ipertensione
I vari disturbi provocati dall’ipertensione vanno a colpire gli organi più importanti: cervello, cuore, polmone e rene. Danni recati al cervello possono essere le emorragie con distruzione del tessuto cerebrale.
A carico del cuore, si hanno infarto e angina pectoris oppure asma cardiaco ed edemi polmonare (con interessamento del polmone) quando il ventricolo sinistro cede; frequenti anche i casi di scompenso cardiaco, con cianosi, dispnea ed edemi nelle parti basse del corpo.
Il rene può subire gravi alterazioni che riducono la sua funzione escretrice.
Terapia
Dietoterapia:
La dieta nell’iperteso deve tener conto innanzitutto della situazione dei trigliceridi e colesterolo nel sangue (vedi dietoterapia per il colesterolo).
Come tutti sanno nell’ipertensione bisogna ridurre l’introito giornaliero di Sodio, e questo deve avvenire in modo graduale. Il sodio viene introdotto in soprattutto sotto forma di Cloruro di Sodio (il comune sale da cucina) e come tale è presente in buone quantità in moltissimo cibi. La quota consigliata dalla Comunità scientifica internazionale è di 6 gr al giorno (in Italia ne consumiamo almeno 10); bisognerà quindi provare a limitare l’assunzione di cibi contenenti sodio ma soprattutto evitare di aggiungere il sale quando cuciniamo cibi che già contengono molto cloruro di sodio al loro interno (provate ad esempio a sostituirlo con le spezie tipiche della dieta mediterranea: menta, timo, maggiorana, basilico, prezzemolo, rosmarino, peperoncino rosso ). Impariamo a leggere quindi le etichette facendo attenzione oltre al Sodio (Na) e al Cloro (Cl), anche a nomi tipo benzoato di sodio (conservante per salse) e citrato di sodio (usato per esaltare il sapore dei dolci).Così facendo oltre avere benefici sulla pressione eviteremo anche ad esempio di svegliarci ogni due tre ore di notte per bere; poco alla volta ci si abitua a non aggiungere più il sale e si iniziano a scoprire i veri sapori degli alimenti e difficilmente si torna indietro.
Alimenti da evitare: formaggi, cibi in salamoia, prosciutto e salumi in genere, pesce in scatola, uova, frutti di mare, latte e derivati, bevande alcoliche,barbabietole, carciofi, cavoli e cavolfiori, carote, cipolle, spinaci, finocchi, sedano, caffè (massimo una tazzina al giorno).
Dietoterapia macrobiotica:
L’eccessiva assunzione di liquidi e di altri cibi yin causa spesso un ingrossamento ed una dilatazione del cuore e dei vasi. In tale condizione l’organo deve sostenere uno sforzo maggiore per mantenere la circolazione del sangue entro valori normali e spesso ne deriva un’ipertensione. Se un soggetto continua ad ingerire uno yin eccessivo, il cuore può divenire tanto ingrossato e sfiancato da perdere la necessaria forza di contrazione. L’ipertensione può guarire in un mese di alimentazione corretta, ed occorre, nell’ambito di una dieta macrobiotica standard, dare maggior risalto ai fattori più yang sia nella scelta degli alimenti che nella loro cottura.
Terapia non farmacologica:
Psicoterapia: ha principalmente un’importanza preventiva e tende a impedire gli sbalzi pressori
Agopuntura: molto indicata
Auricoloterapia: punti 24,55,59, 100
Aromaterapia: limone, maggiorana, acacia, rosa, camomilla, fiori d’arancio
Cliniatoterapia: collina (300-600m.), lago
Cristalloterapia: crisocolla
Cromoterapia: azzurro, verde in forma di luce e acqua solarizzata da bere
(si consiglia di assumere alimenti che abbiano le stesse vibrazioni
dell’azzurro e del verde, ad es. mele, kiwi, vegetali a foglie verdi, prugne,
more, susine, mirtilli ecc.)
Fitoterapia: aglio, lecitina di soia, biancospino, peperoncino
Gemmoterapia: olea europaea
Idroterapia: acque solfate, acque carboniche per bagni caldi (nell’ipertensione essenziale)
Litoterapia: azurite
Magneti: molto indicati. Applicare il magnete in dispersione sulla carotide
(sotto l’orecchio), sulla vescica e sui reni per cicli di mezz’ora ripetuti.
Continuare per 28 giorni.
Metalloterapia: alluminio, argento, cromo
Minerali: cromo, selenio, potassio, magnesio,
Musicoterapa: RE (Beethoven: quartetto per archi op.18 n.3; concerto op.61), Ml bemolle (Mozart: concerto K 477; concerto K 271)
Oligoelementi: manganese, cobalto, zolfo
Organoterapia: arterie, vene
Orgoneterapia: indicata
Vitamine: E, B6, C
Terapia farmacologia:
Attualmente le indicazioni sono a trattare immediatamentee con terapia farmacologica i pazienti con pressione diastolica >100 mmHg; i pazienti con diastolica